di Woody Allen
Normalità e invenzione nello Zelig di Woody Allen
Lo "Zelig" di Woody Allen ci ha colpiti e coinvolti oltre le aspettative, sia per la forma stilistica che per i contenuti. Si tratta di una pellicola in bianco e nero del 1983, che sulla falsariga del documentario storico narra le vicende tribolate del protagonista immaginario Zelig e delle sue qualità camaleontiche. Definito come "camaleonte umano" o "uomo lucertole", Zelig ha una caratteristica straordinaria: si immedesima a tal punto con chi ha di fronte, tanto da assumere le sembianze fisiche e le qualità psichiche. Può diventare alternativamente psichiatra, nazista, persona di colore, uomo in sovrappeso in base al suo interlocutore. Verso la fine della pellicola è addirittura in grado di pilotare un aereo, assumendo le doti di un pilota con cui era entrato in contatto facendo però la traversata dell'Atlantico a testa in giù. La sua condizione crea nondimeno problemi alla società che lo vede prima come fenomeno da baraccone mediatico, poi come caso clinico e infine come persona da curare.
Zelig è una "persona normale solo all'eccesso" o "il conformista per antonomasia". Potremmo quindi dire che il suo è un caso di eccesso di normalità per cui quando la norma diventa eccezione, è pericolosa. Per Allen questo film è anche una critica al conformismo, che se esasperato e messo a nudo, è dannoso a se stesso e lede l'identità dell'individuo. Per Zelig il contesto è tutto, tanto da concludersi con l'esclusione di sé. La sua vicenda, pur essendo un falso storico, ci ha ricordato il caso reale documentato di Helene Smith.
Agli albori della psichiatria al termine del XIX secolo, lo psicologo ginevrino Theodore Flournoy testimonia dei mutamenti di identità di Helene, che in qualità di medium si reincarna in stato di trans tra gli altri, in una principessa indiana del XV secolo, in Maria Antonietta, in Victor Hugo, o nel Conte di Cagliostro. Nel suo caso il dottore Flournoy conclude che "la simulazione è il motore essenziale dell'opera dell'invenzione" **.
Così pensiamo sia anche per la fantasiosa pellicola di Allen. Zelig è famoso e controverso quando esprime le sue eclatanti e immaginifiche mutazioni mentre si rivela uomo mediocre quando rientra dal suo "disturbo" e vive la sua "normalità". Come reso esplicitamente dal film, comprendiamo che "è il suo disturbo a fare di lui un eroe". O forse Zelig è consapevole della sua malattia ed è questo a renderlo pericoloso?
Il gruppo delle Parole Ritrovate di Vignola
** Tratto da T. Flournoy, Dalle Indie al pianeta Marte. Citazione da S. Ferrari, Nuovi lineamenti di una psicologia dell'arte. A partire da Freud, CLUEB, Bologna, 2012, pp 88-89
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