di Otto Preminger
Siamo a Londra, nei primi anni '60, Ann Lake è una giovane madre americana, appena arrivata in Inghilterra per stabilirsi insieme al fratello Stephen e alla figlia Bunny di 4 anni, nella loro casa nuova. L'inizio sembra perfetto: Ann porta a scuola Bunny, poi sistema casa, e torna a prendere la figlioletta….ma ….dov'è Bunny Lake? É scomparsa!
Così, da un'atmosfera tranquilla, quasi surreale e un po' noiosa, la storia di Ann, del fratello Stephen e di Bunny diventa più contorta, complicata e ansiosa.
Da spettatore ti fai un'idea che cambia più volte durante il film: Stephen è il fratello? Bunny esiste davvero? Ann è sana di mente o ha delle alterazioni percettive?
Diverse volte abbiamo sospettato che la “spostata” sia la sorella, e non Stephen, anche se Stephen è così perfetto e premuroso...forse troppo? Eppure Stephen è una persona molto seria, al di sopra di ogni sospetto.
Anche gli altri personaggi del film sono davvero particolari: la vecchia insegnante della scuola, che ascolta i nastri con i sogni dei bambini e ha un'aria inquietante, il vicino di casa feticista e invadente, il proprietario della clinica delle bambole che sa leggere le personalità delle bambole che cura, e l'ispettore Newman che cambia idea diverse volte nei confronti di Ann, come se rispecchiasse lo smarrimento provato dallo spettatore. Ogni protagonista ha la sua stranezza e il suo lato oscuro che viene messo in luce dal film...chi è quindi il vero pazzo? O la vera pazza? Chi ha ragione e chi ha torto?
Crediamo che questo film mostri il punto di vista della follia...che non ha in effetti punti di vista, ovvero non ha un punto di vista fermo e condiviso, come invece la “Normalità” (intesa come norma).
Insomma…Bunny Lake è scomparsa “è un film che rovescia!”
Buona visione
Il gruppo delle Parole Ritrovate di Vignola
Bunny Lake è scomparsa è un film complesso e inquietante: la visione del mondo che ne emerge non potrebbe essere più nera, torbida e perversa.
Qualche anno fa il Festival di Locarno ha giustamente dedicato una approfondita retrospettiva ad un grande dimenticato della storia del cinema: Otto Preminger. Un grande cineasta, maestro dell'ambiguità, ha saputo anticipare precipuamente malumori, inquietudini, raccontando le profondità meno pacificate dell'animo umano. A lui si ispirarono, per diverse ragioni prima Hitchcock e poi Lynch. Qui, in questo film, mette in scena un gioco dagli equilibri fragilissimi: un filo teso fra due fratelli, in un legame mai svelato fin in fondo, allusivo, mai metaforico, esplicito e insostenibile.
Giovanni Sabattini
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